La parola tartufo sembra derivare dal latino “Terrae Tufer”, escrescenza della terra, e le sue origini antiche (si parla di secoli prima della nascita di Cristo) si collegano principalmente alle culture mediterranee.
Il suo aroma inconfondibile e le sue proprietà particolari si sono mescolati al mito fin da epoche lontanissime, soprattutto tra i ceti nobili e il clero, quando si pensava che il suo profumo potesse avere effetti estatici sulle persone: così cresceva la leggenda di questa primizia della terra.
Nel corso del Rinascimento il tartufo divenne una gemma preziosa della cucina di corte in tutta Europa.
Il suo consumo era riservato ai nobili e la sua ricerca divenne un vero e proprio divertimento per i sovrani e i loro ospiti, ma è sempre l’Italia ad avere un posto d’onore nella raccolta del tartufo: qui si trovano specie pregiate come il tartufo bianco, il tartufo nero, il tartufo estivo e l’uncinato.
TARTUFO BIANCO
TARTUFO NERO
TARTUFO ESTIVO
TARTUFO UNCINATO
Cura e Raccolta
In principio fu… il maiale. Oggi è difficile da credere, ma storicamente questo era l’animale impiegato nella caccia al tartufo a causa del suo olfatto eccezionale. Mentre in altre parti d’Europa il maialino fa ancora la sua parte nella ricerca, in Italia si è preferito propendere per il migliore amico dell’uomo, il cane. Perchė? Il maiale, sebbene molto efficace, è difficilmente addestrabile quando si tratta di golosità e tende ovviamente a mangiare l’oggetto della sua ricerca; inoltre, si stanca molto facilmente. Dal secondo dopoguerra quindi è il cane ad aiutare il padrone in quella che è una vera e propria caccia: quella paziente, tradizionale, ricca di profumi del bosco e sensazioni, fatta di passeggiate all’alba e dolci scoperte nell’aria frizzante.
Sono diverse le razze addestrate pazientemente a questa arte: le più comuni sono il Lagotto romagnolo, il Bracco e il Pointer, ma anche i meticci sono abilissimi compagni.
Anche se in genere esiste un calendario per la raccolta, alcune specie vengono colte tutto l’anno, di solito nelle ore più fresche del giorno in estate e in quelle più calde in inverno. Per fortuna, la sua conservazione permette di godere del tartufo anche nei periodi in cui è assente in natura.
Sviluppo e Classificazione
Il primo a documentare in modo approfondito le varie specie di funghi ipogei – così viene definito il tartufo perché cresce sotto terra – fu Carlo Vittadini nel 1831, quando pubblicò la “Monographia tuberacearum” in cui descrisse 65 specie di tartufo, di cui 51 mai viste prima. Fu proprio lui a dare il nome al celebre tartufo estivo.
Il suo studio e la sua classificazione continuano, in particolare nei centri di studio piemontesi.
Tradizione e Curiosità
La leggenda più antica vede il tartufo come creazione divina: Giove avrebbe scagliato un fulmine ai piedi di una quercia e lì sarebbe nato il primo Tuber Terrae (così lo chiamava Plutarco nel I secolo d.C., aggiungendo che questo fungo nasce da fulmine, acqua e calore).
Se il mito ha avuto tanto spazio nelle origini del tartufo, è perchė ancora oggi non riusciamo a definirle con certezza: possiamo ugualmente apprezzare questo tesoro sepolto – non troppo in profondità – nella terra, sotto le fronde di querce, pioppi, frassini, olmi, aceri e altri alberi del bosco.
La leggenda più antica vede il tartufo come creazione divina: Giove avrebbe scagliato un fulmine ai piedi di una quercia e lì sarebbe nato il primo Tuber Terrae (così lo chiamava Plutarco nel I secolo d.C., aggiungendo che questo fungo nasce da fulmine, acqua e calore).
Se il mito ha avuto tanto spazio nelle origini del tartufo, è perchė ancora oggi non riusciamo a definirle con certezza: possiamo ugualmente apprezzare questo tesoro sepolto – non troppo in profondità – nella terra, sotto le fronde di querce, pioppi, frassini, olmi, aceri e altri alberi del bosco.
Il miglior modo di apprezzare un tartufo?
I suoi usi sono molteplici e in ognuno se ne assaporano tutte le sfumature. Quello bianco è perfetto da gustare crudo direttamente sulla pasta e sulla carne, mentre quello nero e quello estivo sono ottimi anche sott’olio o in padella, magari da degustare nel risotto o come aggiunta a piatti di pesce.
Il risultato è un’esaltazione di primi e secondi.